SM e autonomia: intervista alla neurologa Cocco | Living Like You

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La diagnosi di sclerosi multipla e il suo impatto sulla vita quotidiana

La diagnosi di sclerosi multipla irrompe in giovane età, mediamente tra i 20 e i 40 anni. “È un momento in cui una persona si sta costruendo la propria vita, nello studio e nel lavoro”, prende  “decisioni come costruire una famiglia e così via. Una persona giovane deve gestire la propria quotidianità. Se ha a disposizione opzioni terapeutiche solide, efficaci e che può fare a casa, questo è un vantaggio importante: significa gestire meglio i tempi, avere autonomia” e recuperare quella “normalità” che la diagnosi ha fatto saltare. Così Eleonora Cocco, professoressa ordinaria di Neurologia dell’Università degli Studi di Cagliari e responsabile della Struttura complessa Centro Sclerosi multipla dell’Asl di Cagliari, spiega che “non doversi recare in ospedale per le cure permette di organizzarsi la giornata: se un giorno ho un impegno importante o voglio uscire la sera, posso spostare la terapia. Sono aspetti pratici ma non trascurabili”. Inoltre, “andare in ospedale - aggiunge - significa anche ricordarsi costantemente di essere malati. Poter spostare un’opzione terapeutica a domicilio, oggi che abbiamo a disposizione terapie ad alta efficacia è, a mio parere, un aspetto davvero importante”.

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Il ruolo delle terapie domiciliari nella gestione della SM

La sclerosi multipla (SM) è una condizione cronica, “che accompagna la persona nel tempo - sottolinea Cocco - Avere la possibilità di gestirla bene, a casa, senza rinunciare alle opzioni più efficaci, è un cambiamento storico nella gestione della malattia. Oggi abbiamo terapie domiciliari di media e alta efficacia, con minor effetti collaterali rispetto al passato - rimarca - È un cambiamento sostanziale, che rappresenta una nuova fase nella gestione della malattia, in cui la persona con SM torna davvero al centro”. Considerata l’età spesso giovane delle persone con SM, la possibilità di potersi curare senza doversi recare in ospedale a orari e giorni fissi, è un’opportunità che viene accolta molto favorevolmente da chi ha ricevuto la diagnosi di SM. “In generale, le persone sono contente e, una volta iniziata la terapia a casa, difficilmente tornano indietro, se non per motivi indipendenti dalla loro volontà - chiarisce la neurologa - La scelta però deve essere condivisa e personalizzata: ci sono persone che si sentono più sicure in struttura, ma la maggior parte - essendo giovani e nel pieno della costruzione della propria vita - sceglie l’opzione che garantisce più libertà. L’autonomia infatti non è un dettaglio - riflette  - significa avere di nuovo il controllo di sé e della propria malattia. Quando arriva una diagnosi di patologia cronica, la persona percepisce una perdita: i sociologi parlano di rottura biografica. Opzioni come la terapia domiciliare aiutano a ricostruirsi, perché permettono di riorganizzare la propria vita quotidiana, senza stravolgerla”.

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Autonomia e consapevolezza: cosa significa per chi convive con la SM?

Oggi “abbiamo dati solidi che dimostrano come queste terapie” che si possono fare a casa “siano in grado di modificare la storia naturale della malattia, cercando di prevenire non solo le ricadute ma anche la disabilità nel lungo termine, garantendo una migliore qualità di vita - illustra Cocco - È quindi fondamentale che una persona approcci la terapia come un vero e proprio investimento per il futuro. Chiaramente - continua - la terapia domiciliare non è indicata per tutti: dipende dalla situazione clinica della persona e anche da aspetti logistici. Ci sono poi dei vincoli legati alla prescrivibilità: si attendono rivalutazioni da parte di Aifa- Agenzia Italiana del farmaco su alcuni paletti ancora in vigore, ma già oggi abbiamo diverse terapie  domiciliari disponibili”.

Per poter assumere una terapia a casa, “serve una persona motivata, che capisca il significato della cura - puntualizza la neurologa - Le terapie per la sclerosi multipla hanno un valore preventivo, non sempre percepibile subito. È importante che la persona abbia la consapevolezza di fare qualcosa oggi per stare bene domani. Servono poi anche aderenza e regolarità. Chi preferisce un controllo più stretto può trovarsi meglio in ospedale, dove l’appuntamento fisso aiuta a non saltare la terapia. Si tratta sempre di una valutazione condivisa: ogni decisione viene presa insieme alla persona con SM, tenendo conto della clinica ma anche dello stile di vita, della manualità e della destrezza. La terapia domiciliare si costruisce insieme, non è mai una scelta unilaterale e prevede monitoraggio clinico e laboratoristico periodico, secondo quanto stabilito con il centro di riferimento”.

In questo contesto c’è poi un altro fattore importante, ”spesso percepito ma non sempre messo a fuoco: rendersi autonomi significa anche poter gestire la propria malattia in prima persona - precisa Cocco - Si acquisisce un ruolo attivo di maggiore consapevolezza nella gestione di sé e del proprio percorso di cura. È un passo verso l’empowerment della persona, o meglio, verso una sorta di autodeterminazione”, di ruolo attivo nel percorso.  Oltre agli aspetti pratici, con la terapia a domicilio ci si può “organizzare la quotidianità: non perdere giornate di lavoro o di studio, potersi programmare impegni e uscite in autonomia, con più libertà. Questo - conclude - significa vivere la quotidianità in modo più sereno e ricostruire quella normalità che la diagnosi può aver fatto traballare”

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