SM e aspetti psicologici | Intervista dott. Borghi - Living Like You

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“Trasformare il ‘maremoto emotivo’ di una diagnosi di sclerosi multipla in un’esperienza che, elaborata insieme, può restituire senso e possibilità di futuro”. Così Martina Borghi, psicologa presso il Centro Regionale Sclerosi multipla, Aou San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino), e coautrice del libro ‘Vivere con la sclerosi multipla’, sintetizza il cuore del percorso psicologico di chi riceve una diagnosi che chiaramente “rappresenta uno spartiacque profondo nella vita di una persona, spesso giovane e fino a quel momento in buona salute. Il tratto cronico della malattia, il fatto che non si possa guarire, la sua imprevedibilità e l’andamento altalenante  - con fasi di peggioramento e sintomi visibili o invisibili come la fatica - segnano un cambiamento radicale”, spiega la psicologa.

Sul piano emotivo “prevalgono reazioni come senso di impotenza per la percezione di essere ‘in trappola’, disorientamento, confusione, ansia per come potrà evolvere la patologia o, ancora, rabbia - illustra - Ci si confronta con un ‘prima’ e un ‘dopo’: il corpo non è più percepito come lo stesso, la quotidianità va rimodulata e il futuro viene immaginato spesso in scenari di grave invalidità, generando angoscia”. La diagnosi coinvolge inevitabilmente anche la famiglia, con un impatto che può essere altrettanto violento. “Nei genitori di ragazzi o giovani adulti, ad esempio - ricorda Borghi - emergono ansie fortissime per il futuro, accompagnate dalla paura di non poter essere di aiuto per il proprio figlio o figlia. Il rischio è che si mettano in atto atteggiamenti iperprotettivi che possono creare frizioni, perché il figlio o la figlia, pur con la malattia, ha il desiderio di vivere esperienze tipiche dell’età: uscire, viaggiare, progettare. Anche gli amici, spesso, faticano a trovare il giusto equilibrio tra vicinanza e rispetto degli spazi”. L’errore più frequente è “l’evitamento, non parlare della malattia per paura di ferire o appesantire. Ma il silenzio rischia di far sentire la persona sola e non compresa - avverte l’esperta - Una comunicazione aperta e sincera, senza pietismi, è invece il primo passo per un sostegno autentico”.

Il supporto psicologico, “sempre più spesso richiesto anche dai pazienti stessi”, diventa uno strumento prezioso per orientarsi in questo percorso. “All’inizio - chiarisce Borghi - serve per dare un senso alla diagnosi, ridurre il disorientamento e lavorare sulla ristrutturazione dell’identità, inevitabilmente messa in discussione”. Oggi però la sclerosi multipla si inserisce in un contesto terapeutico molto diverso dal passato, con possibilità di trattamento più ampie ed efficaci e con un ruolo del paziente più consapevole. Grazie a questo percorso può essere facilitato anche il processo di cura condiviso tra medico e paziente, noto come  ‘shared decision making’. “Il paziente, sostenuto anche dallo psicologo - rimarca l’esperta - è incoraggiato ad assumere un ruolo attivo: comprendere le terapie, affrontarne gli effetti collaterali, partecipare alle scelte che riguardano la propria salute. Questo approccio aumenta il senso di controllo e riduce il vissuto di impotenza”.

Tra gli strumenti centrali su cui lavorare sicuramente c’è “la resilienza, imparare a far fronte alle difficoltà e adattarsi ai cambiamenti - elenca Borghi - È importante poi focalizzarsi su aspetti come il senso di autoefficacia, lavorare sugli strumenti per poter esercitare quel senso di controllo sulla propria vita che è sano, sul riuscire a far fronte agli aspetti centrali della propria vita, della propria malattia: questo, sicuramente aiuta. È anche importante lavorare sul dare un senso alle cose, quello che in psicologia viene definito ‘l’attribuzione di senso’, per trovare, se è necessario, nuovi obiettivi che siano significativi per non rimanere bloccati, ‘frizzati’ sulla malattia. Considerando che è anche una patologia che colpisce di più le donne, in giovane età, è possibile che si debba, ad esempio, mettere in stand by l’aspetto della gravidanzaper potersi occupare della  malattia: una scelta che riflette un sano processo di revisione e modulazione delle priorità”. Oggi, con le nuove terapie, il desiderio di maternità non è impossible, “ può essere pianificato e affrontato in sicurezza con il supporto del team curante, anche quando richiede tempi differenti”. Anche questo aspetto fa la differenza e aiuta nell’affrontare il percorso di cura. Si tratta poi di lavorare sulla “flessibilità psicologica: integrare la malattia nella propria identità, senza esserne completamente assorbiti”.

Nonostante la complessità della patologia, per quanto possa sembrare banale, “il messaggio centrale resta quello di affrontare le questioni, ‘evitare l’evitamento’, come si potrebbe sintetizzare in un gioco di parole e, soprattutto, non perdersi d’animo - conclude Borghi - Nei momenti bui, quando la malattia peggiora e sembra che tutto sia perduto, è fondamentale ancorarsi ai ricordi positivi: gli obiettivi raggiunti, i momenti felici vissuti anche con la malattia. La vita non è sempre stata - e non deve diventare - solo malattia. Coltivare la speranza e mantenere viva la memoria delle cose belle significa ricordarsi che, pur con i limiti, è possibile vivere con pienezza”.