Oggi diventare mamma dopo una diagnosi di sclerosi multipla “è assolutamente possibile purché si entri in un percorso di cura nel quale le scelte vengono condivise con il proprio neurologo. La gravidanza è più sicura, infatti, se viene intrapresa quando la Sclerosi multipla è controllata dalla terapia, poiché ciò riduce il rischio di ripresa della malattia, soprattutto dopo il parto. Concepire immediatamente dopo la diagnosi dovrebbe essere sconsigliato, in particolare se la malattia è attiva; mentre sarebbe opportuno intraprendere la cura con il farmaco più adeguato per stabilizzare la patologia e poi ragionare sulle tempistiche del concepimento”. Così Girolama Alessandra Marfia, responsabile della Uosd Sclerosi Multipla del Policlinico Tor Vergata e docente di neurologia presso l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, spiega come sia importante che il tema sia affrontato dal neurologo “in modo proattivo, come uno tra gli argomenti da mettere sul tavolo per la scelta del farmaco giusto, già al momento della diagnosi”.
Il tema della maternità era considerato un tempo secondario o addirittura inopportuno in queste pazienti. “negli ultimi anni - continua Marfia – c’è stato un cambio di paradigma grazie all’accesso a una serie di opzioni terapeutiche diverse che ci permettono di impostare un percorso di cura il più possibile personalizzato”. Dobbiamo considerare che questa malattia neurologica colpisce preferenzialmente le donne rispetto agli uomini “in un rapporto 3 a 1 e che la maggior parte delle diagnosi avviene tra i 20 e i 40 anni, cioè in età fertile. Nel momento complesso della diagnosi - riflette la professoressa - la donna magari ritiene che parlare di maternità sia secondario, ma in realtà è cruciale. Ignorare questo aspetto può generare frustrazione, per questo è fondamentale il ruolo proattivo dello specialista. “Oggi abbiamo tantissimi farmaci approvati per la sclerosi multipla e, a parità di efficacia e sicurezza, possiamo sceglierne uno che tenga conto delle varie esigenze del paziente: dal desiderio di maternità, alla preferenza della persona in tema di frequenza e via di somministrazione del farmaco”.
Negli ultimi anni si è fatta strada l’idea che non è necessario rinunciare alla cura durante la pianificazione di una gravidanza“Anzi - illustra Marfia - non bisogna rischiare un sottotrattamento, cioè un trattamento sottodosato, solo perché si desidera diventare mamme. Oggi abbiamo opportunità terapeutiche che ci permettono di tutelare la salute materna e quella fetale ed evitare che, dopo il periodo della gravidanza in cui naturalmente la malattia si assopisce, la sclerosi multipla si ripresenti nel postpartum, con il rischio che peggiori il quadro clinico”. Anche per questo è importante affrontare sin da subito l’argomento, specie se in coppia, “e tenere conto anche delle comorbidità autoimmuni che a volte si associano alla sclerosi multipla e che possono condizionare la fertilità. La patologia, di per sé, non sembra interferire con la fertilità femminile, ma la presenza di altre patologie può incidere sulla salute ovarica. È quindi utile parlarne tempestivamente e apertamente, anche in un contesto multidisciplinare”. Si deve inoltre considerare che le donne attualmente “si avvicinano al progetto genitoriale più tardi, e questo è vero anche per chi ha la sclerosi multipla, perché spesso la malattia distrae dal progetto di maternità - osserva la professoressa - Così, il desiderio può arrivare dopo i 35 anni, e ciò può influenzare la capacità riproduttiva della coppia”.
In questo contesto si inserisce il progetto SMamma che “è nato nel 2015 per rispondere ad alcuni bisogni insoddisfatti e che oggi vanta un’esperienza decennale sul tema- evidenzia la neurologa - Il primo bisogno da attenzionare è stato quello informativo: parlare del tema della genitorialità e non relegarlo in secondo piano. Abbiamo, quindi, ideato un ambulatorio dedicato alla gravidanza. Oggi, rispetto all’inizio, sempre più donne accedono all’ambulatorio in una fase di pianificazione familiare, quindi, in epoca preconcezionale e questo per noi è già un successo. Ascoltare le donne e le coppie, valutare le loro progettualità e, sulla base delle evidenze scientifiche, valutare la fattibilità di un progetto familiare è il nostro obiettivo primario. Questo approccio ci permette di inserire il progetto gravidanza in un percorso strutturato: parlarne il prima possibile e considerare il desiderio genitoriale come parte integrante della cura, per costruire quell’alleanza terapeutica che è l’ingrediente base del successo di ogni percorso terapeutico”.
Nel progetto SMamma, del Policlinico Tor Vergata, “sono coinvolti ginecologi, ostetrici, fertologi, psicologi - elenca Marfia - proprio considerando che molte donne si avvicinano alla maternità in età avanzata, e sempre più spesso capita di dover ricorrere a tecniche di Pma (procreazione medicalmente assistita), occorre sensibilizzare anche i decisori politici per promuovere la creazione di percorsi dedicati, come già avviene nell’ambito dell’oncofertilità”, suggerisce. Sulla base delle evidenze, il numero di figli procapite è ridotto nelle donne con sclerosi multipla rispetto alle donne sane ma le ragioni vanno ricercate spesso in motivazioni di ordine familiare e sociale. In effetti, la probabilità di avere un figlio nelle donne che hanno la sclerosi multipla, non è molto diversa da quella di chi non ha la patologia. Permettere alle persone con SM di affrontare l’argomento in un setting dedicato e condividere i timori e le paure che rischiano di condizionare la scelta di diventare genitori con la sclerosi multipla, è stata un’intuizione importante. In questo modo abbiamo registrato un’altissima aderenza al piano di cura proposto, si è ridotto il numero di donne che arrivano al concepimento dopo aver abbandonato le cure, “con solo il 4% delle nostre pazienti al concepimento che non assume farmaci. Ad oggi, abbiamo pochissime visite mancate rispetto al calendario proposto e le donne accedono all’ambulatorio anche durante la gravidanza - sottolinea la professoressa - Parlando in anticipo del parto, chiariamo che non ci sono controindicazioni a priori al parto vaginale né all’anestesia epidurale e che le decisioni vanno prese di concerto con il ginecologo che deve essere auspicabilmente formato e aggiornato sulle tematiche della sclerosi multipla e sui farmaci. Parliamo tempestivamente anche dell’allattamento, e programmiamo il percorso postpartum e la ripresa della terapia. Questo metodo ci ha permesso di registrare outcomes migliori sia per le madri che per i neonati. Anche le ricadute e la progressione della disabilità nel postpartum si sono ridotte grazie ad un approccio che tiene conto non solo della sicurezza fetale ma al contempo della tutela della salute materna”.
L’esperienza decennale del Progetto SMamma della Uosd Sclerosi multipla del Policlinico di Tor Vergata è un unicum a livello italiano e, probabilmente anche europeo, proprio perché si tratta di una “progettualità strutturata e integrata a livello multidisciplinare, in un percorso diagnostico- terapeutico assistenziale formalizzato a livello aziendale. È estremamente importante creare una rete tra i Centri di Riferimento per la diagnosi e la cura della Sclerosi Multipla in cui si identifichino i centri di eccellenza per le varie esigenze delle persone con SM, una malattia che è un paradigma di cronicità ad elevata complessità. E la telemedicina, in quest’ottica - conclude Marfia - offre un’opportunità che può fare la differenza in un ambito come questo, in cui il counseling è fondamentale”.